Quando penso a Orticanoodles, mi è impossibile non pensare ai tempi in cui sui muri di Milano si scorgevano intriganti immagini che sembravano rivelare molteplici significati. Penso ai poster e sticker dall’immaginario Pop. Penso a come la città sembrava sussurrare sommessamente di una guerriglia urbana creativa. Penso al connubio di forme, geometrie e colori che generosamente cambiano il volto di un’area in degrado regalandogli un’anima. Penso al più alto murales d’Italia (e tra i più alti in Europa). Penso ad Alita e Wally, che sono stati tra i primi fautori della stencil art in Italia.

Quando si parla di Orticanoodles non si intende street art fine a sé stessa, ma di arte applicata alla collettività per sottolinearne l’aspetto di fruizione pubblica. I progetti avvengono spesso in modalità partecipata anche con gli abitanti stessi del quartiere, con lo scopo di conferire al luogo una memoria di valore collettivo. Negli ultimi anni a Milano si respira un’aria di rinascita dell’arte urbana, e mentre fino a qualche anno fa si parlava di interventi di riqualificazione del territorio, oggi si parla di azioni di qualificazione per dare identità al territorio.

Spesso le connotazioni di personaggi di cultura che hanno lasciato un segno sono intrinsecamente connesse alla creazione dell’opera stessa. Il giudice Giovanni Falcone, ma anche poeti partigiani (Roberto Roversi) e pittori (Renato Guttuso). Tributi al mondo della ricerca scientifica (Mario Capecchi, Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco e Salvador Luria) ma anche al grandissimo Andrea Pazienza, l’eroina della resistenza Carrarese Francesca Rolla e i ciclisti del giro d’Italia.


Per festeggiare i 140 anni dell’Istituto Ortopedico Gaetano Pini, i volti di 12 grandi milanesi (Alda Merini, Franca Rame, Mariangela Melato, Elda Mazzocchi Scarzella, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Luchino Visconti, Claudio Abbado, Carlo Emilio Gadda, Marco Ferreri, Gian Maria Volontè, Gianfranco Ferrè e Gio Ponti).

Quantificare il numero di interventi eseguiti da Orticanoodles risulta impresa ardua ma tra nazionale ed internazionale sicuramente vanno segnalati: il Cans Festival organizzato da Banksy a Londra, e l’importante mostra Stencil History X. A Parigi con altri 14 italiani selezionati per partecipare al museo temporaneo di 4500 metri quadrati, Tour-Paris 13. A Rio de Janeiro per l’Istituto Italiano della Cultura.

Altrettante le opere eseguite in tutta Italia, tra cui il restyling della storica Fratelli Branca Distillerie con i suoi 55 metri di murales, che gli è valso il record di murales più alto d’Italia e tra i primi in Europa.

Singolare anche il contributo da parte del duo per ridare vita al quartiere di Ortica, da cui ovviamente il nome d’arte proviene. Dipinti il Cavalcavia Buccari – Ponte della Memoria per i 70 anni della Resistenza, e sette protagonisti della musica popolare milanese (Nanni Svampa, Ornella Vanoni, Enzo Jannacci, Giorgio Strehler, Dario Fo, Ivan Della Mea, Giorgio Gaber).

Un altro motivo per cui Orticanoodles merita tutta la mia stima – e anche la vostra – è che utilizzano vernici AIRLITE assolutamente innovative che riducono gli inquinanti nell’aria, trasformandoli in sali minerali innocui e neutralizzandoli.
Oltre a conoscerli personalmente e trovarli estremamente in gamba per la devozione alla loro missione, sono davvero esterrefatta di quanta strada abbiano percorso. Dopo un tentativo (fallimentare) per discordanze orarie, parlo con Wally.


La sua parlantina veloce e la sua carica di entusiasmo mi avvolgono e travolgono. In un attimo mi immagino su una pertica incredibilmente alta a dipingere muri dalle dimensioni colossali.

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WHY
come e perché vi siete avvicinati al vostro percorso?
Ci trasferiamo a Milano nel ’96 venendo da Massa Carrara e La Spezia. Incontriamo le prime forme di street art spontanee. In giro per la città negli anni ’90 inizio 2000 si vedevano i primi poster il cui scopo era destabilizzare l’osservatore rispetto rispetto ai messaggi nel contesto urbano; per contestare la creazione di falsi bisogni e messaggi pubblicitari. Noi venivamo dalla grafica in comunicazione pubblicitaria, quindi un settore pertinente.
Diventiamo parte attiva di questo tipo di espressione, a cui ci siamo avvicinati con una metodica quasi illegale. Preparavamo i poster in casa nel nostro laboratorio poi mano mano siamo arrivati all’esterno con le campagne di affissione, simbolo di una sorta di campagna urbana creativa. In quel periodo abbiamo iniziato a capire meglio che tipologia di materiali e pertiche fossero migliori, anche chiedendo ai dipendenti delle affissioni per strada. E così ci siamo professionalizzati.
Nel 2008-9 abbiamo iniziato a ricevere le prime commissioni dalle giunte nuove che avevano interesse a porre degli investimenti per la rigenerazione e riqualificazione urbana, per risanare e mettere delle toppe migliorative nei luoghi messi peggio come il classico sottopassaggio vandalizzato ad esempio.
Oggi invece non si tratta più di un atto di riqualificazione ma di qualificazione; per dare un’identità territoriale e una memoria di valore collettivo. La differenza sta nel concetto: non è più apportare un miglioramento rispetto al precedente ma la volontà di creare un’opera a sé stante, come quando si installa una scultura in una piazza.
WHO
come vi descrivereste in poche parole?
Il sogno è di immaginare Orticanoodles come un modus operandi e un modo di poter vivere l’arte pubblica. Come? Attraverso la formazione e progetti in modalità partecipata. Ad esempio le scuole partecipano ai murales, progetti con anche 160 persone .. tutti sono Orticanoodles. Orticanoodles è una metodica di lavoro con una tecnica applicata, è un collettivo artistico, è arte applicata alla collettività. Solitamente il concetto artistico prevede lo stereotipo di artista singolo.
WHAT
qual’è la vostra fonte di ispirazione?
Un po’ tutto. Cambiamo spesso immaginario; in questo momento la nostra analisi riguarda la natura e la ritrattistica. Stiamo lavorando molto sul site-specific con personaggi che vivono nel territorio e le architetture. L’ispirazione è un po’ tutto. Il gesto artistico è un filtro che applichi al contesto che vivi, quindi direi che non ce n’è una in particolare.
WHERE
dove andate quando avete bisogno di una pausa?
I cantieri sono stancanti e pesanti però la rigenerazione dello spirito nasce proprio quando arriva il progetto successivo. L’intervento successivo è la sintesi di quello precedente quindi nel momento di riposo c’è già il prossimo a cui pensiamo; è un cane che si morde la coda! Abbiamo fatto più di 4 interventi di fila da agosto!
WHEN
quando e quali saranno i vostri prossimi passi?
Per i prossimi passi ci sono un po’ di progetti in ballo. Con Orme – Ortica Memoria tra il 2018 e il 2019 è prevista la realizzazione di 16 interventi – 8 per anno – per la trasformazione in museo a cielo aperto dell’Ortica. Un progetto di identità e memoria del quartiere, per enfatizzarne lo spirito attraverso un processo che non sia standardizzato. Con murales dappertutto, facendone più degli altri quartieri per poter emergere come il quartiere più dipinto.
**WILDCARD
qual’è l’impresa titanica che ancora non avete svolto?
I progetti-sfida mi piacciono e riesco sempre a risolvere con soluzioni tecniche. Il muro è più semplice e ha meno sfida perché è più standardizzato perciò non è insita una vera ambizione. Una grande nave da crociera mi piacerebbe molto. Sarebbe un’impresa non da poco; essendo sottoposta alle intemperie impiegherebbe una ricerca tecnica e strumenti di quota particolari.